sabato 27 gennaio alle ore 18,00

alla libreria Pangea
incontro con Matteo Melchiorre

"Lo sguardo sbieco sul presente"  

si discute dei suoi libri
La via di Schenèr - Un'esplorazione storica nelle Alpi
e Storia di alberi e della loro terra
Francesco Jori dialogherà con l'autore
sito


"Matteo Melchiorre è uno storico recalcitrante. Innanzitutto, fa il possibile per sottrarsi a quel «racconto ordinato e sistematico dei Grandi Eventi» che per molti, nonostante gli sviluppi della scienza storica negli ultimi cinquant’anni, è «la Storia» tout-court. E per di più, la maschera e la postura dello Storico sembrano stargli male addosso: a leggere questo suo meraviglioso libro (meraviglioso perché fa apparire meravigliose cose comuni e materiali e quotidiane) lo si potrebbe scambiare per un girovago, un innamorato, un sognatore, un cantastorie – o, come direbbe Dario Fo, un «cacciaballe».
In realtà, sotto la svagata andatura della narrazione, il lavoro storico di Melchiorre è ampio, solido e accurato. Ed è grazie a questo serissimo lavoro, sornionamente raccontato come il passatempo di un perdigiorno, che pagina dopo pagina si presenta alla nostra immaginazione e alla nostra conoscenza la vita plurisecolare di due comunità: la città di Feltre, sotto, e gli abitanti del Primiero, sopra: uniti e separati da un passo, lo Schenèr – descritto, a seconda di chi lo attraversava, come «gola stupenda» o «orrido abisso» – che è sempre stato confine e transito insieme, luogo fortificato e cordone ombelicale. Come già nel bellissimo Requiem per un albero, Matteo Melchiorre riesce qui a soddisfare non solo il nostro desiderio di conoscenza, ma anche le esigenze della sensibilità e dell’immaginazione.
Nel 2004 Matteo Melchiorre pubblicò un piccolo libro: Requiem per un albero. Era la storia - una storia meneghelliana, fatta di dati, sì, ma anche di voci, parole, incantesimi, coincidenze, echi - dell'antico olmo che sorgeva maestoso sul limitare del paese di Tomo, presso Feltre, e che venne sradicato da un violento temporale. Melchiorre aveva appena ventitré anni, all'epoca, ed era un giovane storico in formazione.
Quel piccolo libro fu notato, passò di mano in mano, fu letto da amanti della letteratura e da storici di professione. E corse voce: Melchiorre è uno speciale. Speciale per come unisce il rigore della ricerca e il talento nello «spostare» metaforicamente il racconto storico.
Oggi, dopo i riconoscimenti ricevuti dal magnifico La via di Schenèr, Melchiorre ha ripreso in mano quel piccolo libro, l'ha più che raddoppiato di mole, ha affiancato all'antico olmo altri alberi - pioppi, ippocastani, tigli - e altre, tante, storie; si è affidato al proprio talento di rabdomante della memoria, e di quel giovanile gioiello ha fatto un elegante, maturo monile: un libro vorticosamente affascinante."
Giulio Mozzi

"A Tomo, tra gente di Tomo, si usa il dialetto e non l’italiano. Ci sono alcune parole e una cadenza della parlata più stretta, fitta di vocali chiuse e di aspirazioni delle consonanti gutturali, che si possono cogliere come «tomitane». Ma questo non differenzia il nostro dialetto da quello dei paesi vicini. I più vecchi del paese usano un linguaggio più stretto, mentre la generazione cui appartengo io parla un dialetto italianizzato dalla televisione, dalla scuola e dalle letture. Per indicare il marciapiede che gira intorno a casa noi diciamo marciapié ma i vecchi dicono salìsio. Su all’Alberón ci sono dialoghi in dialetto, in tutte le varianti.
Trascriverli è laborioso, ma ancora più complicato è leggerli e comprenderli; del resto il dialetto di Tomo è una lingua parlata e non scritta. Per questo do conto dei dialoghi che si svolgono intorno all’Alberón in italiano. Come in ogni traduzione, se ne perde in termini di ritmo e di eloquenza e la verità, racchiusa nelle parole dette, sfuma."