sabato 28 novembre alle ore 17.30

alla libreria Pangea
Renzo cremona presenta il suo libro

"Fossa Clodia" 

Santa Boscolo (voce recitante) e Renzo Cremona (voce recitante e introduzione)


Dopo avere conquistato l'ambito Premio Istrana a Treviso e il Premio Nazionale Candia - Il Gioiello a Massa prima ancora di essere dato alle stampe, Fossa Clodia (LCE Edizioni, Treviso 2015) viene ora presentato al pubblico. Il libro, che si preannuncia come un vero e proprio spartiacque nella storia letteraria di Chioggia, grazie alla sua prodigiosa intensità e alla vastità di echi che lascia germogliare da uno sperimentalissimo tessuto linguistico bilingue di rara e originale fattura, spalanca all'idioma locale le porte di una pluralità di moduli espressivi (da quello epico a quello lirico, dalla visionarietà della prosa poetica fino al flusso di coscienza e persino al nonsense, transitando per un gustosissimo dialogo socratico condotto interamente in vernacolo) ed è destinato a diventare, aperto com'è tanto all'antico quanto al contemporaneo, uno dei più importanti punti di riferimento per chiunque si accinga in futuro a narrare di una Chioggia del tutto inedita.

Presentazione di Fossa Clodia
Opera che promette di raccontare fin dalle righe di apertura "quaranta brevi storie di terra e di acqua", Fossa Clodia è una suite articolata secondo i tempi della marea che periodicamente assedia e abbandona Chioggia, la vera protagonista di queste pagine. E proprio come la marea, nella quale alla fase di crescita delle acque segue il deflusso che porta verso il mare, qui la lingua sale attraverso gli interstizi dei luoghi su fino ai tetti della città per poi trasformarsi, ridiscendendo verso il basso (riavvicinandosi cioè verso la sua origine tellurica), da italiana a chioggiotta e poi di nuovo, riaffluendo, italiana, in un'alternanza di tempi cadenzata dalle diverse scansioni del dove e del quando anche formalmente visibile nell'episodio intitolato Bossolai, un vero e proprio canone retrogrado (e quindi palindromo) che ricalca la circolarità che pervade tutto il libro.

L'opera, che si apre sull'invocazione alla Musa delle Bilance in un ideale mattino aurorale dove l'immagine stessa della città sta ancora lentamente riaggregandosi dallo sfaldamento delle acque che l'hanno percorsa, lascia che siano anche i luoghi stessi a parlare, a riprendersi lo spazio che gli umani hanno incatramato con le sedimentazioni del loro quotidiano agire. E mentre piano piano emerge dal profondo per farsi figura sempre più chiara e distinta, Chioggia (anzi, Fossa Clodia, che è nome primordiale della città e allo stesso tempo dito puntato alla concrezione e all'avvilimento dai quali urge il riscatto) viene percorsa in lungo e in largo fino alle sue isole più prossime non solo nei territori, ma anche e soprattutto nelle parole, se è vero che la lingua è mondo e questo può essere abitato: dalle foto che emergono dal passato nelle sezioni intitolate Dal somegèro (moderna Spoon River lagunare in cui a parlare è la voce delle marginalità cittadine), passando attraverso le allucinate visioni dei cosiddetti stravedamènti minori e l'amara constatazione impressa a lettere di fuoco di Ciósa, traduzione in lingua chioggiotta del celeberrimo Η Πόλις di Konstantinos Kavafis (che il poeta neogreco sembra aver scritto non per Alessandria d'Egitto, ma proprio per questa città, a riprova del fatto che i luoghi sono innanzitutto luoghi dello spirito), fino alla rilettura della nota leggenda della Valle dei Sette Morti e della storia del Barbasucon, in un crescendo affollato e continuo che porta al turbinoso stream of consciousness bilingue del finale, in cui una moderna Molly Bloom di joyciana memoria ripercorre, durante le ore in cui scende la notte e il sonno si sta attanagliando alla mente, il suo rapporto di tormentati conflitti con la città, con la quale è arrivata finalmente a capire che dovrà sempre fare i conti perché "la te vegnirà drio, ciósa, ti vedarà. no te stare a crédare, per ti no ghe xé batèi, no ghe xé strade, no ghe xé via. perché, se ti xé stao bòn de fruàrtela qua, la vita, in mèso a ste càneve e a sti pónti, ti te l'à fruà anca là, là e là: ti te l'à fruà su tuta la tèra".

Nota bio-bibliografica dell'autore.

Renzo Cremona (1971) vive all'interno della lingua. Ha studiato lingua e letteratura cinese, neogreca, portoghese e georgiana presso l'Università di Venezia e lavora come consulente linguistico e insegnante. Traduttore di testi letterari dal cinese classico e moderno, dal neogreco, dal portoghese e dall'afrikaans, è autore di haiku innovativi e sperimentali in lingua italiana e latina che hanno riscosso un buon successo di critica. Renzo Cremona ha al suo attivo riconoscimenti nazionali e internazionali da Napoli a Milano, da Rovigo ad Alessandria, da Agrigento a Caserta, da Firenze a Torino, ed è da anni impegnato in letture pubbliche ed incontri con l'autore in Italia e all'estero (tra cui va segnalata la sua partecipazione ai Dis Da Litteratura in Svizzera nell'autunno del 2008 e a reading bilingui in Finlandia e Svezia tra il 2009 e il 2014) destinate a togliere le parole dagli scaffali per portarle in mezzo alla gente.