Eventi di maggio

venerdì 27 alle ore 18,30
alla libreria Pangea
Eddy Cattaneo presenta il suo libro
"Mondo via terra
467 giorni. 108.000 Km.
senza bucare il cielo.
"
ovvero... il giro del mondo senza prendere aerei
Feltrinelli
viaggio
immagini del viaggio accompagneranno la presentazione

Mi chiamo Eddy Cattaneo. Eddy non è un diminutivo, è il mio nome all'anagrafe e viene da Eddy Merchx, famoso ciclista belga degli anni Sessanta. Sono nato l' 8 luglio 1969 e cresciuto a Ciserano, provincia di Bergamo, in una casa in campagna, vicino a un mulino, a qualche chilometro dal centro. E passare le giornate in una cameretta a qualche chilometro dal centro di Ciserano significa davvero sentirsi in periferia.
Ho sempre avuto un atlante in mano. I miei primi ricordi riguardano le bandiere e le capitali e ho sempre sognato di entrare nelle fotografie che rappresentavano l'immagine di ogni nazione: ghiacciai islandesi, la Tour Eiffel o il porto di Vladivostok. Un amore pre-natale per la geografia. Dopo un'infanzia passata cercando di uscir vivo dal ghetto di Zingonia, mi sono diplomato all'ITIS di Dalmine come perito elettrotecnico, già convinto dal secondo quadrimestre del primo anno che il mio futuro non era tra i condensatori e i relè. Il giorno dopo l'esame orale finale, ho intrapreso il mio primo lungo viaggio, due mesi e mezzo in giro per l'Italia in sacco a pelo. Tornato, ho espletato il servizio militare come pilota di carri armati, ho lavorato in fabbrica e, dopo tre anni dalla fine delle Superiori, ho voluto ritornare a studiare, frequentare l'università, insicuro tra due facoltà simili tra loro: Lingue e Ingegneria.
Ho scelto Ingegneria Ambientale, specializzazione in GIS, praticamente mappe digitali sulle quali porre dei dati. Sempre la geografia nel sangue. Durante gli anni universitari ho suonato la chitarra elettrica, anzi una Gisbon Les Paul, in vari gruppi rock tra Bergamo e Milano, genere indie-alternative molto alternative, influenze Mogwai, Motorpsycho, Sonic Youth. La mia collezione di vinili è arrivata a superare i mille dischi, ho imparato a fotografare - solo rullini bianco-nero o al limite diapositive - e ho visitato ogni angolo dell'Europa Occidentale, Francia, Spagna, Portogallo, Austria, Svizzera, Germania.
Appena mi sono laureato ho mollato tutto. Sono rimasto in giro quasi un anno, dormendo e mangiando in una Golf da trecentomila chilometri, senza mai pernottare una sola notte in ostello, al limite da qualche amico, la doccia nelle piscine pubbliche. Sono giunto fin dove era possibile arrivare, senza problemi di visto, con l'automobile negli anni Novanta. Praticamente tutti gli stati europei.
A l mio ritorno ho compiuto una specie di pellegrinaggio a piedi, da Ciserano fino al mare più vicino, sei giorni sotto il sole d'agosto che mi hanno portato all'abbazia di San Fruttuoso e a Recco. Dove per puro caso, a seguito di un colloquio fortuito, dopo un paio di mesi mi sono trasferito. Ho quindi cominciato a lavorare per un'azienda proprio nel campo del Gis, a Genova Quarto, in un ufficio all'interno di una villa d'epoca, con scaloni di marmo, enormi lampadari e sale di riunione con camini, con dei colleghi stupendi, a due passi dal mare, proprio dietro allo scoglio da dove partirono i Mille. Ho continuato a comprare 33 giri, a sparare distorsioni da amplificatori valvolari, a scattare fotografie e mi sono lasciato trascinare dalla passione per la cucina, che nella casa a Ciserano era impossibile da esercitare a causa della dittatura gastronomica instaurata da mia mamma. Ho vissuto per anni in una casa a due passi dalla Riviera di Levante, a Recco appunto, cittadina autonominatasi capitale enogastronomica della Liguria, focaccia al formaggio e troffie al pesto in prima linea, in coppia con una ragazza favolosa, rimanendo almeno un mese all'anno in giro sulla strada. Insomma, una vita dai binari in fiore, senza pecche.
Poi è arrivata la febbre. Come sempre, come già era successo in precedenza sentivo che dovevo ripartire, dopo l'Italia e l'Europa, il prossimo centro concentrico era il mondo. Ne ho parlato con la mia compagna, voleva venire con me, ma non aveva la febbre. Ci siamo lasciati. Poi mi sono licenziato, ho disdetto la casa, l'ho detto agli amici e infine ai genitori, la parte più difficile. A quel punto, visto che stavo lasciando tutto, in cambio volevo tutta la strada possibile, fare Il Viaggio, quello che da sempre bolliva dentro.
Il giro del mondo, sì, ma senza prendere aerei. Calpestarlo tutto, magari con lo stesso paio di scarpe. Una notte ho aperto l'atlante e, sfogliando le pagine, ho cercato di capire se l'impresa fosse effettivamente fattibile, una possibile rotta terrestre. Grazie all'aiuto di internet, per qualche ora mi sono barcamenato tra confini di paesi in guerra, cattivi rapporti diplomatici, le olimpiadi in Cina e finalmente trovai almeno un percorso. Per gli attraversamenti oceanici scoprii che esistevano dei cargo mercantili che trasportavano passeggeri, pochissimi tragitti, ma c'erano. Alla fine chiusi l'atlante, contento. Una strada, almeno una, c'era. Il mio mondoviaterra era possibile. Il 15 settembre 2008 sono partito da Ciserano, nessun equpaggiamento particolare, nessun gps, bussola o computer. Solo uno zaino con dentro un paio di jeans, un paio di pantaloncini, tre magliette, tre camicie, macchina fortografica e un libro.
Sulla strada ho tenuto un diario, scritto su tovaglioli, fogli di carta igienica, pagine strappate da quaderni che poi, dentro gli onnipresenti Internet Point, ho ricopiato in un testo digitale da consegnare alla rete, al sicuro da acquazzoni, fuochi accidentali, perdite o furti. Al mio ritorno a Ciserano, dopo 467 giorni, ho voluto riordinare questi appunti. Per un anno ho continuato a girare, però da fermo questa volta, riprendendo tutti gli avvenimenti che mi erano accaduti e che alla fine haano formato l'ossatura di un libro, che ho lasciato in forma di diario, finito da poco e pubblicato da Feltrinelli.
Si chiama Mondoviaterra e parla di un sogno, il mio. Fare il giro del mondo senza prendere aerei.

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